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Alla mostra in palazzo d'Accursio l'insegnante Valentina Asioli ha portato la sua classe, della scuola primaria "Cremonini Ongaro" di Bologna, per la visita guidata da Fiorella Manzini. Una bella esperienza per tutti; i bambini hanno firmato il libro presenze e a ricordo dell'uscita scolastica è stata fatta una bella foto di gruppo.

Pubblichiamo tre disegni dei bambini che, a seguito della visita, hanno interpretato il simbolo della pace, un manifesto e il racconto di un sogno.

Scuola primaria "Cremonini Ongaro", classe  IV A, insegnante Valentina Asioli

E’ un affare di morte... per gli interessi di pochi

L’immagine è estremamente efficace: una parola di tre lettere WAR (guerra) scritta a caratteri cubitali, sulla quale giace, ucciso, un militare con il suo fucile. Entrambi sono colorati con lo stesso colore grigio che risalta su un fondo rosso, il colore del sangue.
Il significato del manifesto è reso esplicito dalla presenza di tre frasi che racchiudono l’immagine e che invitano a riflettere: le guerre sono spesso provocate da fortissimi interessi economici (produzione e commercio di armi, accaparramento di materie prime e prodotti preziosi, controllo di rotte commerciali strategiche etc.) che attraverso il sacrificio di moltitudini di soldati danno potere e ricchezza a un ristretto numero di persone.
In realtà in guerra non muoiono solo soldati, anzi dal secondo conflitto mondiale in poi sono aumentate sempre più le vittime civili, al punto da diventare prevalenti rispetto alle vittime militari.
Lo vediamo ai giorni nostri con quello che sta succedendo in Ucraina e a Gaza, dove i civili diventano deliberatamente bersagli.
Il manifesto, firmato dall’associazione “Mani Tese”, non è datato ma si può far risalire agli anni ottanta.

A cura del Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale

È anche un mercante di cannoni! Ancora e sempre 

Il manifesto attira l’attenzione con le prime parole del titolo, scritte in maiuscolo (LA FRANCE), e con il disegno che lo sottende: una figura umana con un fucile mitragliatore a tracolla che con una mano regge un sacco stracolmo di proiettili e, con l’altra, stringe una bomba a mano nell’atto di scagliarla. Sulla testa indossa il tipico copricapo frigio della Rivoluzione francese. Sul fondo scuro spicca la sagoma bianca, spettrale, di un fungo atomico. Nel mezzo emergono, perfettamente allineate, le molte croci di un cimitero militare.

Occorre notare che la figura umana non indossa una uniforme, ma una specie di tunica che lascia scoperte le braccia e i piedi nudi. Questa figura ricorda più un popolano francese di fine Settecento che un uomo d’oggi. Quasi a rimarcare il fatto che il rivoluzionario di allora, i cui valori vennero sintetizzati nelle tre parole “liberté”, “égalité”, “fraternité”, si è trasformato in un losco figuro che spande ovunque armi e semina morte. La denuncia nel 1981 contro lo stato militarista francese non poteva essere più esplicita (ricordiamo che la Francia è una potenza nucleare).

Le altre scritte del manifesto rendono più chiaro il significato del disegno: “No al commercio, alla vendita e alla costruzione di armi”, “La Francia non è solo champagne e profumi… è anche un mercante di cannoni! Ancora e sempre”. Da notare che la congiunzione “anche” è barrata da una grande X, come a dire che questa parola è del tutto superflua in quanto è proprio il commercio delle armi che caratterizza e qualifica la Francia, molto più del vino e dei profumi.


A cura del Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale

Fermare la corsa vertiginosa alla proliferazione nucleare

Il manifesto, stampato a Londra nel 1984 e riprodotto anche in altre lingue, con una immagine dal forte impatto emotivo mette in contrapposizione la vita, rappresentata da due bambini, alla morte, evocata dal fungo nucleare.

Il testo che l’accompagna “When will they ever learn?” è un atto di accusa e nel contempo una sfida: se l’umanità vuole avere un futuro deve cessare di dotarsi (almeno) degli armamenti nucleari.

Il fungo atomico riporta al pensiero le bombe nucleari sganciate il 6 agosto 1946 su Hiroshima e il 9 agosto su Nagasaki, dove persero la vita e furono ferite gravemente centinaia di migliaia di persone.

Gli hibakusha (persone sopravvissute al bombardamento) sopportarono per tutta la vita le conseguenze dell’esplosione : ustioni, malformazioni nei figli concepiti, leucemie e altre forme di cancro, oltre a discriminazione e isolamento sociale.

Nonostante questa immane tragedia, come per ogni armamento anche questa arma letale è stata prodotta in migliaia di esemplari in una corsa vertiginosa alla proliferazione nucleare, sempre giustificata come deterrenza necessaria per “mantenere la pace”.

L’immagine dei bambini con la loro innocenza può essere letta come quella di una nuova generazione che guarda al disastro delle precedenti e si avvia nuda su una piana desertica per costruire un mondo nuovo non più ostaggio della paura in quanto libero dalle guerre.


A cura del Centro di Documentazione del Manifesto Pacifista Internazionale